martedì 27 maggio 2008

La maionese Calvè (Unilever) contro la maionese Kraft

La salsa maionese è da diversi anni in mano a due aziende che da sole rappresentano oltre il 70% del mercato. Un alimento molto calorico e viste le tendenze salutistiche della popolazione ha spinto le due aziende a proporre nuove formule. La Unilever con il marchio Calvè ha presentato Mayò la maionese un po meno calorica grazie all’aggiunta di yogurt mentre invece Kraft, ha presentato prima una versione "legeresse" meno calorica e l’anno scorso la maionese senza colesterolo che ha visto il premio prodotto dell’anno 2008. Direte cosa c’è di strano?

La Unilever ha presentato ricorso allo IAP, per messaggio ingannevole in quanto la maionese Kraft senza colesterolo è fatta senza il tuorlo d’uovo, la ricetta casalinga prevede l’uso di tuorlo uovo, olio, sale, aceto e limone, pertanto non può chiamarsi maionese. Unilever ha contestato anche la dicitura di salsa tipo maionese. Non si è fatta attendere la risposta della Kraft, sostenendo che la salsa ha il gusto di maionese, pertanto se si intende maionese quella fatta in casa nessuna delle salse in commercio poteva chiamarsi tale (come dargli torto!) e invece lo IAP con pronuncia n. 26 del 17/04/08 in merito al messaggio pubblicitario “tutto il piacere della maionese senza colesterolo” ne ha ordinato la cessazione.

Come diminuiscono le calorie e aumenta il prezzo.

Dopo questa notizia sono andato al supermercato a leggere le etichette dei barattoli di maionese (non lo avessi mai fatto!!) ebbene nessuna di queste poteva essere assimilata alla ricetta casalinga, in alcuni casi l'acqua risulta essere l'ingrediente principale; il tipo d’ olio quando indicato è olio di girasole, mai olio d’oliva e il tuorlo è piuttosto scarso sempre meno del 15-16% del totale, spesso intorno all'8%. Inspiegabilmente le preparazioni che si avvicinavano alla ricetta casalinga erano quelle della "private label" cioè marchio del supermercato come Esselunga, Despar e Pam. Ma vediamo in dettaglio calorie e prezzi, esaminato etichette kcal per 100 grammi di prodotto, i grassi contenuti per 100 gr. e il prezzo al chilo, rilevato in Esselunga di via Washington a Milano . Confronto on line anche su trova prezzi

Kraft Maionese: 630 kcal, grassi gr. 68,5, P. 2,78 euro al kg.
Kraft leggeresse : 375 kcal, grassi gr. 39 , P. 3,40 euro al kg.
Kraft senza colesterolo : 335 kcal, grassi gr. 34,5, P. 5,46 euro al kg.
Calvè maionese: 627 kcal, grassi gr. 68,5, P. 3,60 euro al kg.
Calvè mayo: 599kcal, grassi gr. 62,2, P. 3,92 euro al kg.
Calve maionese Light: 486kcal, grassi 49,4 gr., P. 5,60 euro al kg.

Curioso il fatto che alla diminuzione di calorie per 100 gr di prodotto, corrisponde un aumento di Prezzo quasi del doppio nel caso kraft maionese e kraft senza colesterolo (2,78 e 5,46) e nel caso Calvè (3,60 a 5,60) un aumento più del 50%. Tenete presente che un maionese fatta a casa costa meno dei due euri al kg.
Da questa vicenda ho imparato che se proprio mi viene voglia di maionese me la preparo in casa con il frullatore!

lunedì 26 maggio 2008

Acqua Sant’Anna nuovo packaging bio

Arriverà nei prossimi giorni in vendita la prima bio-bottiglia d’acqua minerale, con questo progetto l’acqua minerale Sant’Anna, marchio leader di Fonte di Vanadio, punta su una nuova strategia di marketing tramite il nuovo packaging . A fornire questo nuovo materiale è la NatureWork LLC del Minnesota USA, si tratta di un nuovo polimero che si ottiene dalla fermentazione del mais. Quello che caratterizza questo nuova bottiglia è la materia prima, da risorse rinnovabili e aiuta a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Hanno calcolato che ogni 50 milioni di bottiglie porterà a un risparmio di 13.600 barili di petrolio, ridurrà la capacità d’emissione di anidride carbonica di 3.000 auto che percorrono 10.000 km. Si parte con il formato da mezzo litro solo per l’acqua naturale , la nuova plastica naturale ha le stesse caratteristiche della plastica Pet.

L’iniziativa è sicuramente interessante e attuale, anche se io ho sempre invitato a bere acqua del rubinetto, ma può aprire a nuovi packaging che non utilizzano per la lavorazione derivati del petrolio. In più questa bio bottiglia una volta deposta in ambiente idoneo allo smaltimento si decompone completamente in circa 80 giorni L’unica cosa che mi lascia perplesso, è che l’acqua minerale avrà un prezzo superiore all’acqua minerale in PET, capisco la necessità di ammortizzare i costi dell’ investimento, ma mi piacerebbe che ci fosse un distributore esempio Coop o Esselunga che sposi la strategia eco sostenibile e la venda allo stesso prezzo dell’acqua in PET oppure un aiuto legislativo che tolga o riduca l’Iva per questi prodotti in modo che siano più competitivi sul mercato, perché non deve sempre e solo pagare il consumatore. Si pensi solo a quanto risparmierebbe lo stato in Italia in termini di costi per lo smaltimento di 5 miliardi di bottiglie d’acqua minerale in PET. Un iniziativa interessante nonostante qualche limite.

giovedì 22 maggio 2008

Il marketing ambientale sostenibile ed ecologico: la coscienza verde in libera vendita

Quando vado in giro o cammino per strada sono circondato da una marea di prodotti e marchi grandi e piccoli che comunicano sostenibilità, attenzione all’ambiente e giurano e spergiurano sulle loro ecologicità, dalla stampanti e inchiostro per il pc, alla carta igienica, ai voli aerei e alla auto. Il dubbio sorge, ma sarà vero? Ma se è tutto cosi ecologico perché non lo certificano? Ecologico ? Dimostratelo!

L’attenzione dei consumatori verso economia e stile di vita ecosostenibili o ecocompatibili, e l’aumento del prezzo del petrolio ha sensibilizzato l’opinione pubblica e molte aziende si sono affrettate nell’includere nella comunicazione la propria attenzione all’ambiente con diverse modalità.

Tra le più diffuse è quella di compensare le emissioni di CO2 con l’acquisizione o la partecipazione in progetti per la riduzione dei gas, questa forma di compensazione permette di avere una buon impatto a livello d’immagine e acquisire una buona coscienza, ma non stimola a modificare il proprio modo di vivere e produrre eco e sostenibile.

Quello che manca è un sistema di controllo e di verifica di queste notizie. Facciamo un esempio nessuna azienda indica come compenseranno le emissioni di gas, che diano informazioni su luogo data e modalità con cui effettuano tale compensazione, per potere misurare l’effettiva riduzione delle emissioni.

È molto difficile dimostrare i cosiddetti programmi di re-forestazione degli alberi, non dimostrano mai di piantarli, ma soprattutto non è sufficiente dire di piantare degli alberi, non compensano le tue emosioni di CO2 subito, bisogna aspettare che gli alberi crescano e che abbiano l’effettiva capacità di contrastare l’effetto del CO2, perchè nel tempo sono a rischio di secchezza, malattie e incendio. Bisogna che tale procedura sia trasparente, flessibile e semplice oltre che vera.

Un aiuto potrebbe venire dalle certificazioni dell’Unione Europea come Ecolabel per i prodotti o Emas che certifica l’efficienza ambientale e anche le cerificazioni Iso. Le certificazioni sono un ottimo strumenti di marketing se adoperato in maniera corretta e possono essere utili a rendere il prodotto e l’azienda più competitiva sul mercato ma sono ignoti ai consumatori, anche perché non si vedono.

In Italia risulta che sono solo 200 le licenze Ecolabel e 800 le aziende certificate Emas. All’estero a queste certificazioni istituzionali si sono affiancate certificazioni private di forte impatto come Climat mundi, Action carbone, che sono in grado di dimostrare che quando asserito nella comunicazione corrisponde a verità. Ottenere una certificazione è importate ma ancora di più è comunicarlo in modo idoneo perché il consumatore diffida sempre e non sempre ha torto.

Info: Apat agenzia governativa

giovedì 15 maggio 2008

Obesità, ostacolo sulla crescita del fatturato dell’industria alimentare o un problema di sanità pubblica?

Il mese scorso si è tenuta una riunione di un gruppi d’esperti al Parlamento Europeo per valutare l’opportunità di proporre la limitazione delle pubblicità televisiva per alcuni tipi di prodotti alimentari dedicati alle fasce d’età 3-18 anni. Qualche anno fa’ in Italia il ministro Sirchia intendeva proporre delle porzioni “misurate” al ristorante. Quest’anno il Parco Eurodisney e la città di New York hanno escluso i cibi con i grassi idrogenati dai menù. In Febbraio il ministro Francese della sanità aveva annunciato la proposta di togliere i prodotti alimentari alle casse dei supermercati, che aveva scatenato le proteste dell’ Associazione Nazionali Industrie Alimentari, che sosteneva che si stava tentando di creare un capo espiatorio per un problema invece di sanità pubblica. Questi sono indice di un clima che si sta inasprendo tra aziende agroalimentari e Ministeri della Sanita. Chi ha ragione ? Nessuno dei due.

Il sovrappeso è un fenomeno in aumento sia in Europa che nei paesi in via di sviluppo. L’ OMS stima che nel 2005 erano in sovrappeso 1,6 miliardi di individui e 400.000 milioni di obesi, si stima che nel 2015 saranno 2,3 miliardi, con aumento delle patologie legate all’obesità come il diabete, infarto, tumori e cancro. Un rapporto dell’Unione Europea nel 2006 stima che l’obesità pesa sul bilancio sanitario per il 7%, non è stato reso noto come questo dato è stato ricavato.

Quello che manca è una visione sistemica del problema, innanzitutto il sovrappeso è l’obesità hanno cause multi fattoriali tra cui: alimentazione è solo una di queste. Le motivazioni con cui si avvicina al cibo sono diverse e soprattutto sempre più lontane dalla sola necessità di nutrimento, energia, calorie, vitamine e sali minerali, il cibo deve nutrire altri desideri . Le aziende non si ritengono responsabili di quanto producono ma inducono a creare e soddisfare le motivazioni diverse. La Sanità pubblica con i bilanci sempre in rosso, per cause tra l’altro difficilmente attribuibili alla cura e alla prevenzione delle malattie, quanto alla cattiva gestione delle risorse, cercano ragioni per alleggerire le loro responsabilità, colpevolizzando l’obeso, ma l’obesità non è una scelta è una malattia.

Si va così alla ricerca di misure forti e coercitive, che non mi sembrano le soluzione migliori, non vorrei anche i ragazzi in discoteca oltre all’extasy acquistassero anche le merendine. Bisogna diffondere una maggiore cultura e consapevolezza alimentare, che non è quella di sapere cosa è il culatello o su quali uve si adoperano per il Brunello di Montalcino, se penso al budget pubblico (UE, Stato, Regioni) che ogni anno viene destinato per queste forme di promozione e di come vengono adoperati mi viene da piangere. Proibire la pubblicità in televisione non è una soluzione, farne di migliori si, andrebbero però proibite anche su internet, sulle riviste, la pubblicità outdoor perché è un continuo riferimento e stimolo al consumo di un certo tipo di cibo, non annulliamo il desiderio di un certo tipo di cibo, rischiamo di aumentarlo.

Secondo uno studio della Golden Sachs del Febbraio 2007 i nuovi prodotti lanciati sul mercato tra il 2002 e 2006 della Kellogs del 40% , Danone e Coca Cola, Nestlè del 30%, sono spesso rappresentati con un allegato sulla salute, in più Danone ha ridotto l’uso di molti ingredienti della biscotteria, Nestlè ha fissato l’obiettivo di ridurre del 25% il contenuto di sale e del 16% quello di zucchero entro il 2010. È vero che le aziende cercano di informare con allegati alla salute, ma preferirei stendere un velo pietoso su queste pubblicazioni molto direzionate dagli uffici marketing.

Le aziende hanno notano una riduzione della loro discrezionalità e cercano di giocare diverse carte, dal manuali della salute, agli alimenti funzionali, i prodotti light (è un po’ come cadere dalla padella nella brace) nel cercare di rendere più accettabili questi prodotti light diminuendo sale e zuccheri ricorrono ad aromi artificiali e additivi, dannosi per la salute. Ritengo a rigore di logica che bisognerebbe però fissare delle norme anche per le pasticcerie e salumerie, anche i loro prodotti devono dichiarare composizione e informazioni nutrizionali, anche perché dietro l’insegna pasticceria si nascondono spesso dei preparati industriale e semilavorati, la gente ha un idea romantica della pasticceria, la realtà è fatta invece di prodotti già pronti per la vendita.

Bisogna focalizzare l’attenzione sulle abitudini alimentari e del gusto e sulle motivazioni che inducono a consumare un certo tipo di alimenti. L’acquisizione di comportamenti e abitudini alimentari, così come del gusto avviene nell’ambito familiare e senza coercizione, il primo veicolo per una sana alimentazione è la famiglia, un bambino segue facilmente l’esempio di un comportamento se questo è adoperato in famiglia. Per esempio quando un bambino viene frequentemente abituato al sapore dolce molto probabilmente per tutta la vita tenderà a ricercare quel tipo di sapore che ri-conosce come base della propria alimentazione qualsiasi campagna di educazione o di sensibilizzazione non avrà alcun successo.

In genere la famiglia non ha una adeguata conoscenza di cosa sia un alimentazione corretta e il reale fabbisogno nutrizionale. Si limita a volte a servire a tavole delle porzioni molto grandi obbligando a finirle, comportamento alquanto negativo in quanto impedisce al bambino di autoregolarsi, questo comportamento tende a favorire l’insorgenza d’obesità sia nella fase evolutiva che nell’età adulta. La consuetudine a un certo tipo d’alimentazione è da qui che nasce il problema, e che si ritiene possa soddisfare il palato.

Educazione alimentare deve essere un processo d’apprendimento modulare che vede: frequenza dell’offerta, varietà di cibo, presentazione degli alimenti, abitudini, familiari, contesto in cui vengono assunti gli alimenti. E’ possibile farlo non coinvolgendo solo i singoli individui ma tutta la famiglia.

Cito un mio esempio personale, per la prima volta in vita mia ho dovuto seguire un regime a basso indice glicemico, ho dovuto eliminare per tre mesi alimenti ad alto indice glicemico, beh ancora oggi a distanza di due anni non riesco a mangiare alimenti dolci a bere bevande perché per il mio palato risultano troppo dolci mentre invece prima non lo erano mai abbastanza.


Intanto dal punto di vista finanziario, molti analisti hanno creato le aziende a “rischio obesità” , sono tutte quella aziende ritenute pericolose e rischioso investire o acquisire partecipazioni in quanto a “rischio di reputazione” non sono esaminate le etichette dei prodotti, ma che costituiscono un rischio finanziario per la loro politica di prodotto e di comunicazione, su cui è fortemente consigliabile non investire. Questo e non altre ragioni sta costringendo le aziende a collaborare a programmi di alimentazione corretta e responsabile.

sabato 10 maggio 2008

S.Pellegrino lancia Fitness bevanda

Arriva una nuova bevanda “funzionale”, viene presentata come un acqua minerale a basso contenuto calorico o meglio come “un cocktails salutistico di fibre e magnesio al gusto mela-kiwi 0 ananas-mango”. È composta all’80 % acqua minerale 20% succo di frutta. Dai formati differenziati per canale distributivo : 0,5 per il canale Horeca e 1 litro per la Gdo. Paolo Capirossi direttore marketing S.Pellegrino, dice che questa bevanda nasce dalla domanda da parte dei consumatori di “bevande che oltre a dissetare facciano bene” (beh noi ci crediamo molto) . S.Pellegrino ha scelto come obiettivo per Fitness il target degli amanti dello stare in forma e del benessere e più precisamente di sesso femminile di fascia media alta, young adult con particolare attenzione alla linea. Al fine di dimostrare la grande qualità del prodotto si seguirà una strategia da prezzo alto.

Al lancio della bevanda è collegata una grande campagna di comunicazione pubblicitaria (10 milioni di euro come Barilla Alixir) a partire da Giugno con Tv, stampa, internet che sarà affiancata da attività below the line con sampling, eventi, guerriglia marketing (il marketing non è una guerra, se lo diventa non è più marketing) e la presenza di fiere del settore. Sull’esempio di Sangemini di due anni fa’ anche Sanpellegrino affronterà una campagna di comunicazione e promozione diretta presso palestre ed spa (centri benessere).

Personalmente ho qualche perplessità sul prodotto, per correttezza d'informazione è bene ricordare che tutte le acque hanno calorie zero. Per chi pratica attività fisica è sufficiente un’ alimentazione varia ed equilibrata di nutrienti. Tuttavia durante l’attività fisica si perdono molti liquidi ed è necessarie re integrare parte dei liquidi persi bevendo in modo sufficiente acqua. Il target scelto ha una buona consapevolezza del rapporto alimentazione e attività fisica e quindi sentirà la necessita di questa bevanda? Realmente è necessaria questa supplementazione? Contrariamente a quello che dice il Sig. Capirossi che si tratta di una bevanda che non ha concorrenza, il segmento di mercato è molto affollato con Sangemini con Vita (50% succo di frutta 50 % acqua minerale con vit A, vit E, Calcio e Fibre), ci sono anche le acque minerali come Vitasnella di Danone, oppure Acquarius di Coca Cola con Magnesio e Vitamina B, e una miriade di altri prodotti per reidratarsi dopo uno sforzo fisico prolungato come Gatorade ecc, senza contare alcune bevande piatte come la linea Santal della Parmalat con 20% di succo di frutta. Originalità se vogliamo è nella presenza di fibre e magnesio, ma vedremo in che contenuto e perchè questi due elementi o non altri. Il costo della bevanda è alto 1,69-2,50 al litro, nelle grandi superfici è più di alcuni succhi di frutta i consumatori fanno un bilancio costi benefici.

Quello che ho trovato discutibile è l'eccessiva attenzione dal punto di vista della comunicazione data alla bellezza e all'immagine corporea femminile che è impressa sul packaging della bottiglia, non solo in conferenza è stata data molto enfasi, all'attenzione all'immagine e alla bellezza, non è normale la presenza di un make up artist e di un esperto d'immagine per la presentazione di una bevenda piatta. Quello che sembra venire fuori è una bevanda che per chi vuole essere sano ma sopratutto bello, in linea e avere un buona immagine, ma con la bevanda che deve reintegrare i liquidi persi dopo uno sforzo fisico, che relazione c'è? Chi è sano è anche bello? Ne siamo proprio sicuri?

Attualmente dai dati in mio possesso posso affermare che S.Pellegrino diversamente da Alixir Barilla opta per una strategia di nicchia, un primo passo per la conquista di un mercato più ampio accompagnato da una strategia di comunicazione più accattivante, simpatica e colorata . S.Pellegrino per Fitness sceglie un target preciso mentre Alixir aveva scelto un marketing indifferenziato per dei prodotti di nicchia, presupponeva l’esistenza di rivolgersi a un gruppo di consumatori omogenei . È chiaro che S.Pellegrino punta in alto, perchè non si spendono 10 milioni di euro per il solo target di benessere e fitness, è chiaro il tentativo di coinvolgere un target più ampio come credo vedremo nella pubblicità, il numero di coloro che sono alla ricerca della bellezza è molto più alto di quelli che fanno attività fisica. Attualmente però non le sarà facile conquistare i favori dei consumatori, perché la bevanda non amplia il target delle bevande piatte funzionali piuttosto cerca di acquisire le quote di mercato dei concorrenti.

Ad campagna di comunicazione e marketing avviata e completa torneremo sull’argomento per essere più esaurienti e per parlare dell'apporto di fibre di Fibersol-2 e un confronto con gli altri prodotti sul mercato, poichè l'apporto di fibre per esempio se prendiamo delle fette biscottate integrali è di 7,5 gr per 100 gr mentre fitness è 0,7 gr per 100 ml/gr., il fabbisogno medio giornaliero di fibra è di 30 gr. ma torneremo sull'argomento e del rapporto con l'alimentazione e lo stile di vita.

Informazioni sulle fibre su Trashfood e Società Italiana di Nutrizione Umana

domenica 4 maggio 2008

Crillon des Vosges : Vino di rabarbaro

Quella che a prima vista può sembrare una bottiglia di vino, altro non è che vino di rabarbaro, si avete letto bene. Non è difficile per me parlarne perchè il produttore lo conosco bene, è a pochi chilometri dalla casa dei miei zii. Il vino al Rabarbaro lo dobbiamo a Michel Moine, la produzione risale agli anni '80. Michel Moine non era un viticoltore ma un allenatore che negli all'inizio degli anni ottanta si vede costretto a chiudere l'azienda a causa del crollo dei prezzi e dei consumi di carne. Dapprima pensò di trasformarsi in agricoltore d'invidia dopo gli venne in mente la nonna che coltivava rabarbaro e otteneva un vino. Cosi fece la sua prima produzione di Vino di Rabarbaro 400 bottiglie che portò alla fiera d'Epinal, tutte vendute in sola mezza giornata. Oggi la produzione del Vino al rabarbaro sfiora le 70.000 bottiglie.

Il rabarbaro in realta è una pianta conosciuta per uso medicinale dal 2700 avanti Cristo il suo uso culinario invece è recente per merito degli inglesi, furono infatti loro 300 anni fa a scoprire che erano era commestibile. La produzione di rabarbaro non richiede uso di diserbanti, pesticidi o altri elementi chimici, viene raccolto manualmente ad Aprile, nonostante si tratti di una verdura, noi lo usiamo come un frutto aggiungendolo a crostate composte e yogurt.

Questo vino ottenuto dal succo del rabarbaro, ha un bel colore giallo dorato, leggermente frizzante come uno champagne con delle bolle piccole e leggere, perfetto come aperitivo, per i coctails e per accompagnare dessert. Si accompagna perfettamente al fois gras, ma anche formaggi come il roquefort o i caprini.
Maison Moine, Rasey, Xertigny tel. 0329308378
a Parigi da Le delices de Daubenton, 35, rue Daubenton tel. 0147075313

sabato 3 maggio 2008

Piacere di mela

Da un po di giorni c'è sul web, questo progetto internazionale Italia Francia e Olanda a favore del consumo di mela "Piacere di mela". Progetto dai nobili obiettivi che si offre di stimolare un maggiore e consapevole consumo di frutta in particolare modo da parte dei ragazzi con un proprio tour nelle scuole. Nulla che non abbiamo già visti e rivisto, lo facevano già quando andavo a scuola io e sono passati più di trent'anni. Il progetto è carente in particolare di contenuti, tante collaborazioni che annovera con il sito Internet, presentazione alla stampa con l' ennesimo prof. Canella, oramai lo vedo talmente spesso dappertutto che penso che ce ne siano almeno due o forse tre.

Sono contenuti banali che possiamo trovare in qualsiasi libro di educazione alimentare di una scuola media manca di : 1) Sono solo otto varietà di mela? Non era il caso di aggiungere altre varietà. Non solo sia Francia che Italia hanno tante varieta di mela sia a livello locale che a livello nazionale da poterle considererare una vera ricchezza alcune anche in corso per il riconoscimento Dop come la rossa di Cuneo. 2) Un aspetto che non è secondario la stagionalità non tutti i tipi di mela gli possiamo trovare sempre freschi per esempio la mela royal gala inizia a metà agosto, mentre altre varietà lo possiamo trovare addirittura a Marzo. 3) Non è errata la tempistica? Dal momento che siamo in primavera inoltrata non era il caso di presentare il progetto a inizio scuola? Ora è il periodo delle fragole a breve delle ciliegie e delle albicocche, ora le mele non trovano la considerazione da parte dei ragazzi, che già sono distratti di loro conto. I distributori automatici di frutta sono totalmente ignorati dai studenti.

Peccato progetti finanziati dell' Unione Europea dovrebbero fare molto ma molto di più, non è solo questione di obiettivi ma anche di modalità che creano credibilità al progetto e questo caso è infelice.