giovedì 15 maggio 2008

Obesità, ostacolo sulla crescita del fatturato dell’industria alimentare o un problema di sanità pubblica?

Il mese scorso si è tenuta una riunione di un gruppi d’esperti al Parlamento Europeo per valutare l’opportunità di proporre la limitazione delle pubblicità televisiva per alcuni tipi di prodotti alimentari dedicati alle fasce d’età 3-18 anni. Qualche anno fa’ in Italia il ministro Sirchia intendeva proporre delle porzioni “misurate” al ristorante. Quest’anno il Parco Eurodisney e la città di New York hanno escluso i cibi con i grassi idrogenati dai menù. In Febbraio il ministro Francese della sanità aveva annunciato la proposta di togliere i prodotti alimentari alle casse dei supermercati, che aveva scatenato le proteste dell’ Associazione Nazionali Industrie Alimentari, che sosteneva che si stava tentando di creare un capo espiatorio per un problema invece di sanità pubblica. Questi sono indice di un clima che si sta inasprendo tra aziende agroalimentari e Ministeri della Sanita. Chi ha ragione ? Nessuno dei due.

Il sovrappeso è un fenomeno in aumento sia in Europa che nei paesi in via di sviluppo. L’ OMS stima che nel 2005 erano in sovrappeso 1,6 miliardi di individui e 400.000 milioni di obesi, si stima che nel 2015 saranno 2,3 miliardi, con aumento delle patologie legate all’obesità come il diabete, infarto, tumori e cancro. Un rapporto dell’Unione Europea nel 2006 stima che l’obesità pesa sul bilancio sanitario per il 7%, non è stato reso noto come questo dato è stato ricavato.

Quello che manca è una visione sistemica del problema, innanzitutto il sovrappeso è l’obesità hanno cause multi fattoriali tra cui: alimentazione è solo una di queste. Le motivazioni con cui si avvicina al cibo sono diverse e soprattutto sempre più lontane dalla sola necessità di nutrimento, energia, calorie, vitamine e sali minerali, il cibo deve nutrire altri desideri . Le aziende non si ritengono responsabili di quanto producono ma inducono a creare e soddisfare le motivazioni diverse. La Sanità pubblica con i bilanci sempre in rosso, per cause tra l’altro difficilmente attribuibili alla cura e alla prevenzione delle malattie, quanto alla cattiva gestione delle risorse, cercano ragioni per alleggerire le loro responsabilità, colpevolizzando l’obeso, ma l’obesità non è una scelta è una malattia.

Si va così alla ricerca di misure forti e coercitive, che non mi sembrano le soluzione migliori, non vorrei anche i ragazzi in discoteca oltre all’extasy acquistassero anche le merendine. Bisogna diffondere una maggiore cultura e consapevolezza alimentare, che non è quella di sapere cosa è il culatello o su quali uve si adoperano per il Brunello di Montalcino, se penso al budget pubblico (UE, Stato, Regioni) che ogni anno viene destinato per queste forme di promozione e di come vengono adoperati mi viene da piangere. Proibire la pubblicità in televisione non è una soluzione, farne di migliori si, andrebbero però proibite anche su internet, sulle riviste, la pubblicità outdoor perché è un continuo riferimento e stimolo al consumo di un certo tipo di cibo, non annulliamo il desiderio di un certo tipo di cibo, rischiamo di aumentarlo.

Secondo uno studio della Golden Sachs del Febbraio 2007 i nuovi prodotti lanciati sul mercato tra il 2002 e 2006 della Kellogs del 40% , Danone e Coca Cola, Nestlè del 30%, sono spesso rappresentati con un allegato sulla salute, in più Danone ha ridotto l’uso di molti ingredienti della biscotteria, Nestlè ha fissato l’obiettivo di ridurre del 25% il contenuto di sale e del 16% quello di zucchero entro il 2010. È vero che le aziende cercano di informare con allegati alla salute, ma preferirei stendere un velo pietoso su queste pubblicazioni molto direzionate dagli uffici marketing.

Le aziende hanno notano una riduzione della loro discrezionalità e cercano di giocare diverse carte, dal manuali della salute, agli alimenti funzionali, i prodotti light (è un po’ come cadere dalla padella nella brace) nel cercare di rendere più accettabili questi prodotti light diminuendo sale e zuccheri ricorrono ad aromi artificiali e additivi, dannosi per la salute. Ritengo a rigore di logica che bisognerebbe però fissare delle norme anche per le pasticcerie e salumerie, anche i loro prodotti devono dichiarare composizione e informazioni nutrizionali, anche perché dietro l’insegna pasticceria si nascondono spesso dei preparati industriale e semilavorati, la gente ha un idea romantica della pasticceria, la realtà è fatta invece di prodotti già pronti per la vendita.

Bisogna focalizzare l’attenzione sulle abitudini alimentari e del gusto e sulle motivazioni che inducono a consumare un certo tipo di alimenti. L’acquisizione di comportamenti e abitudini alimentari, così come del gusto avviene nell’ambito familiare e senza coercizione, il primo veicolo per una sana alimentazione è la famiglia, un bambino segue facilmente l’esempio di un comportamento se questo è adoperato in famiglia. Per esempio quando un bambino viene frequentemente abituato al sapore dolce molto probabilmente per tutta la vita tenderà a ricercare quel tipo di sapore che ri-conosce come base della propria alimentazione qualsiasi campagna di educazione o di sensibilizzazione non avrà alcun successo.

In genere la famiglia non ha una adeguata conoscenza di cosa sia un alimentazione corretta e il reale fabbisogno nutrizionale. Si limita a volte a servire a tavole delle porzioni molto grandi obbligando a finirle, comportamento alquanto negativo in quanto impedisce al bambino di autoregolarsi, questo comportamento tende a favorire l’insorgenza d’obesità sia nella fase evolutiva che nell’età adulta. La consuetudine a un certo tipo d’alimentazione è da qui che nasce il problema, e che si ritiene possa soddisfare il palato.

Educazione alimentare deve essere un processo d’apprendimento modulare che vede: frequenza dell’offerta, varietà di cibo, presentazione degli alimenti, abitudini, familiari, contesto in cui vengono assunti gli alimenti. E’ possibile farlo non coinvolgendo solo i singoli individui ma tutta la famiglia.

Cito un mio esempio personale, per la prima volta in vita mia ho dovuto seguire un regime a basso indice glicemico, ho dovuto eliminare per tre mesi alimenti ad alto indice glicemico, beh ancora oggi a distanza di due anni non riesco a mangiare alimenti dolci a bere bevande perché per il mio palato risultano troppo dolci mentre invece prima non lo erano mai abbastanza.


Intanto dal punto di vista finanziario, molti analisti hanno creato le aziende a “rischio obesità” , sono tutte quella aziende ritenute pericolose e rischioso investire o acquisire partecipazioni in quanto a “rischio di reputazione” non sono esaminate le etichette dei prodotti, ma che costituiscono un rischio finanziario per la loro politica di prodotto e di comunicazione, su cui è fortemente consigliabile non investire. Questo e non altre ragioni sta costringendo le aziende a collaborare a programmi di alimentazione corretta e responsabile.

6 commenti:

  1. certo che non le mandi a dire...., un punto di vista sicuramente originale

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  2. io ho notevole difficoltà a controllare il mio peso, ma dove trovo il tempo di fare attività fisica e curare molto alimentazione è difficile se non impossibile e non compro neanche dolci e patatine

    paola 67

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  3. Sono a rischio anche le aziende di alimenti che promettono miracoli di salute ma che nei fatti

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  4. La famiglia è un ottimo veicolo per delle informazioni e comportamenti però mi creda è molto difficile riuscire ad educare con i ragazzi che chiedono solo cibi o molto dolci o molto salati, si cerca in casa di farli mangiare in modo sano, poi vanno fuori e mangiano di tutto..., è difficile educare se anche la società non ti aiuta

    adele , una mamma attenta

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  5. volevo segnarti che il Times settimana scorsa parla proprio del cattivo successo della dieta sana nelle scuole inglesi, dove i ragazzi hanno aperto un mercato clandestino di panini e bevande gasate

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  6. li hai fregati tutti sul tempo quelli del congresso di firenze

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