venerdì 30 dicembre 2016

Made in Italy amaro, giovani che emigrano e aziende che producono altrove

Qualche giorno prima di Natale due notizie hanno acceso polemiche sui media, apparentemente sono due notizie diverse, nella realtà sono due facce della stessa medaglia: il lavoro.

Il Ministro Italiano un certo Poletti, che non avevo mai sentito prima, sui giovani che vanno a lavorare all'estero, dice "è meglio non averli tra i piedi".

Dichiarazione alquanto infelice, vergogna nessuna speranza di dimissioni, come Renzi non fece dimettere la Ministra Lorenzin e queste cose gli elettori non le dimenticano, mio caro Poletti e mio caro Gentiloni.

L’azienda Barilla una multinazionale alimentare con produzione oltre che in Italia in Grecia, Turchia, Usa, Messico, contestano il decreto che vuole rendere obbligatorio l’indicazione in etichetta dell’origine della materia prima per la filiera del grano e della pasta.

L’azienda sostiene che l'origine grano italiano non è sinonimo di qualità del prodotto pasta.



Dai fasti degli anni '80 alla vendita delle aziende simbolo del Made in Italy

Torniamo indietro di qualche anno, qualcuno ricorda gli anni '80 in cui l'abbigliamento Made in Italy porta l'industria italiana al centro del mondo, un sinonimo di qualità, di gusto, d'arte del lavoro. Tutto veniva prodotto in Italia dal disegno dei tessuti, allo studio dei modelli e alla realizzazione nelle sartorie.

Dagli anni '90 inizia l'epoca della delocalizzazione industriale. Le aziende spostano tutte le fasi del lavoro all'estero mantenendo in Italia solo la progettazione delle collezioni.

Nel giro di pochi anni la moda italiana non è più leader del mercato, perde quel valore aggiunto che era il risultato di tutta la filiera dal tessuto al vestito, la delocalizzazione ha di fatto cancellato la filiera di produzione, ha disperso l'esperienza e la conoscenza e oggi il settore arranca.

Ora sembra che questo percorso tocchi al settore alimentare, nonostante si è cercato di fare ricorso ai marchi Dop e Doc per vincolare le aziende al territorio o meglio per vincolare la filiera di produzione al territorio.

Con il bene placito di leggi e norme non sono poche le aziende che spostano le lavorazioni in altri paesi, famosi i casi di un azienda di confetture che produce all'estero nei paesi dell'est, salumi in Slovenia e Ungheria, mentre pochi sanno che è il Brasile il più grande produttore di Panettoni.



Emigrazione grande amarezza

In un momento in cui tutto quello che è italiano dal punto di vista alimentare è considerato un prodotto di qualità, come mai n Italia si è tornati ad emigrare come negli anni '20? Il settore alimentare non genera occupazione? Non viene fatto in Italia?

Il fenomeno dell’emigrazione italiana degli ultimi anni è talmente esteso che la comunità d'italiani a Londra è grande quanto il numero degli abitanti della città di Verona, così Londra potrebbe essere classificata tra le principali città italiane.

Io che ho mia figlia e due nipotini nei Paesi Bassi, nel piccolo paese dove vive, ho conosciuto i gestori del bar del paese una famiglia originaria della provincia di Pescara, grazie ai quali ho avuto la possibilità di conoscere comunità italiana d’emigranti.

Più che un sentimento di nostalgia verso il proprio paese, c’è amarezza, un senso d’esclusione, si sentono messi da parte, non solo per la distanza ma dal punto di vista legale.

Chi non c’è ha sempre torto, cosi sono stati privati legalmente anche di terre e case nei paesi d'origine, certo avevano solo un valore affettivo ma si sono sentiti espropriati del valore d'identità culturale e della loro memoria storica.



Importanza della filiera produttiva che genera valore economico

Barilla è una multinazionale e difende il suo interesse, molto probabilmente sulla qualità della farina e del grano prodotto in Italia oggi, ha forse anche ragione. Questo è accaduto perché è stata cancellata quella che era la filiera di coltivazione e produzione dei cereali tra cui il grano.

Anche se negli ultimi anni c'è stata una riscoperta della coltivazione del grani in particolare di quelle varietà che si pensavano perse e che piccoli produttori sono tornati ad coltivare di nuovo.

Se Made in Italy è un marchio e un valore, questo deve essere utilizzato solo per prodotti che si producono in Italia, non che producono aziende italiane all'estero.

Estenderei anche l'obbligo di una una buona percentuale di prodotto con materia d'origine italiana, altrimenti non si sviluppa ricchezza nel paese, non tutto si produce in Italia ma bisogna difendere l'origine della materia prima e del luogo di produzione.

Se un azienda Italiana o una multinazionale vorrà produrre all'estero liberissima di farlo ma che versi un' indennità, perché fare un prodotto riconosciuto come italiano all'estero è un danno sia economico che sociale, vuole dire meno occupazione, meno tasse con la conseguenza: d'avere aziende ricche e italiani poveri.



Qualcuno dirà ma non si produce abbastanza grano in Italia, è vero ma questa non è una ragione per utilizzare solo ingredienti che provengono dall'estero. Allora bisogna differenziare il prodotto italiano fatto in Italia con ingredienti che arrivano dall'estero e quello fatto con ingredienti d'origine italiana.

Questa segmentazione non basta bisogna aggiungere i prodotti della tradizione italiana realizzati da aziende italiane all'estero o da aziende non italiane con ingredienti non italiani (come nella foto la pasta spaghetti e vermicelli fatta in Turchia e Tunisia).

Facciamo l'esempio dello yogurt greco, tutte le aziende multinazionali fanno yogurt greco, tutte fanno vedere l'immagine delle isole greche del sole e del mare, non c'è nulla di greco in quel prodotto, alla Grecia non arriva nemmeno un centesimo d'euro, ma tutti ne sfruttano la fama, pensate i greci come sono contenti, bisogna fare in modo che non accade questo anche in Italia.




Sintesi

Al Ministro Poletti si ricordi che deve essere Ministro di tutti gli italiani anche quelli che vivono all'estero e non li raccomanda nessuno. 

Barilla mi auguro che investi anche in Italia, se ritiene che pasta con grano italiano non sia sinonimo di qualità, punti la comunicazione solo sul marchio Barilla eliminando qualsiasi riferimento all'Italia e alla tradizione alimentare italiana, per amore del cielo nessuno italiano vuole danneggiare l'immagine di Barilla ci mancherebbe altro.

Quello che genera la ricchezza in un paese non sono le aziende multinazionali ma quando la filiera di produzione o per lo meno la maggior parte è tutta nello stesso paese, crea economia sul territorio e nello stesso tempo rende un prodotto unico e non replicabile, altrimenti diventa un prodotto realizzabile ovunque e perde valore, la Coca Cola e lo Yogurt Greco si possono fare dappertutto il Parmigiano Reggiano e il Brunello di Montalcino speriamo di no.

NB Auguri di Buon Anno 2017, aprirò con un post più simpatico il nuovo anno cosi non rimpiangeremo il vecchio

domenica 25 dicembre 2016

Auguri di Buon Natale

A tutti quelli che oggi passano sul blog i miei migliori auguri di Buon Natale, martedì riprenderà la normale programmazione.

lunedì 19 dicembre 2016

La pubblicità del Panettone Motta non vegano, il pranzo di Natale con l'ansia

Parliamo ancora di pubblicità dopo Ferrero al centro dell'attenzione e delle polemiche è la pubblicità del Panettone Motta.

La polemica è partita dal malumore generato nella comunità vegana che si è sentita presa in giro per alcuni alimenti citati nello spot.

Dal mio punto di vista questa polemica è anche un po' voluta, parlate male di me ma parlate in ogni caso.




I tempi cambiano, tanto che quest'anno il grande premio per chef Bocuse d'Or, che si svolge ogni due anni a Lione, sarà tutto a base di un menù vegetale al 100%, senza proteine animali, senza uova, senza , latte, senza burro o gelatina di maiale o pesce.

Rappresenta un forte cambiamento, per tradizione e cultura gastronomica della città di Lione questo è sempre stato un premio dove le preparazioni a base di carne hanno sempre avuto una grande rilevanza. Si sta modificando l'approccio culturale anche a livello professionale degli chef, penso che questo tema rappresenterà una sfida per i concorrenti.

Una tendenza genera sempre una contro tendenza, realtà che convivono, più forse che nuove ricette senza proteine animali, bisogna rielaborare quelle ricette di quando eravamo poveri e i piatti con carne si consumavano solo in occasioni speciali.


Il panettone non vegano

Comunque io non sono vegano ma il panettone Motta non lo mangio perchè non acquisto dolci industriali, ma nel caso del panettone ne mangio solo qualche fettina di quello buono fatto in casa, sono più da Torrone per la gioia del mio dentista.

In qualsiasi caso lo spot illustra una tendenza oggi molto marcata ad una cucina d'eccessiva semplificazione, come le ricette su Facebook con ingredienti di grido con tempi di preparazione e cotture brevi magari al micronde dove tutto si prepara in 5 minuti, io neanche una frittata riesco a fare in 5 minuti.

Personalmente butterei acqua sul fuoco sulla polemica è Natale, bisogna però capire anche i vegani, il periodo delle feste è quello più duro, devono sopravvivere alla vista di capponi, zamponi, cinghiali, oche, faraone, tacchine, tortellini al prosciutto, panettoni tutte cose che non sono compatibili con il loro stile di vita e le scelte alimentari.

Amici vegani, per chi lo desidera ho visto in vendita anche Panettone Vegano con zucchero di canna integrale, fibra d'avena e proteine di soia, il mio consiglio è di farsi un dolce proprio per Natale.

Amici del Panettone Motta voglio dire che è vero che chi è Vegano non comprerà mai un Panettone Motta però ci sono anche altri modi per indicare che un panettone fatto con ingredienti tradizionali.


Sale il disagio e l'intolleranza per tutti i senza

In tutto questo però c'è qualcosa in più, non è solo un po' di polemica per pubblicità gratuita. Da una parte abbiamo chi abbraccia con naturalezza questa nuova tendenza dei senza latte, uova e zucchero e chi invece rimane fortemente legato al gusto più tradizionale.

L'altro giorno era la supermercato nel reparto salumeria una signora, un po' come dire da bella figura di buona forchetta, prima di me dice al salumiere:
Signora: Scusi che vuole dire che avete salame senza glutine?
Salumiere: Un salame senza la presenza di eventuali ingredienti con glutine
Signora. Guardi non capisco nulla io voglio due etti di salame buono ma con dentro tutto, nessun senza, con tutto quello che ci vuole per fare un buon salame!

Mi è venuto da ridere, perché oggi la grande offerta gastronomica ci ha fatto perdere la riconoscibilità del gusto di un prodotto alimentare, c'è il salame senza glutine ma anche il salame vegano senza carne, salame di tacchino senza carne di maiale, salame senza pepe, salame senza sale o meglio a ridotto contenuto di sale, ecc

Questo si è trasformato in un disagio al momento d'acquisto, quale senza scelgo? Se prima bastava un salame per tutti in famiglia oggi se si è in 4 è possibile che bisogna scegliere 4 salami diversi.

Giuro l'ho visto in vendita acqua minerale senza glutine, ma da quando c'è il glutine nell'acqua minerale? Oppure acqua minerale vegana, che vuole dire? Ma perché? Com'è l'acqua vegana? Che non ha mai visto un pesce?

Ricordo una nota blogger qualche anno fa che diceva che lei l'acqua non andava a comprarla al supermercato e non beveva nemmeno quella del rubinetto, lei l'acqua andava a prenderla alla fonte del fiume Po, capisco tutto ma diciamo che non è comodissimo andare sul Monviso tutte le volte che si ha sete.

Sono passato in una pasticceria ieri e ho visto Marron Glacè senza glutine, c'è mai stato glutine nei Marron Glacè? 

Cosi una povera massaia si trova alle prese con tutte queste dizioni, che al super ti fa dire "Meno male che è senza latte, senza uova e senza zucchero che costa cosi tanto, se invece aveva latte e uova e zucchero quanto sarebbe costato di più !"



Lista della spesa con l'ansia

Oggi fare l'acquisto al supermercato ti mette l'ansia, è zigzagare tra tutti i cartelli senza, per esempio se volete acquistare un pacco di biscotti, biscotti senza uova, senza latte, senza burro, senza margarina, senza grassi idrogenati, senza grassi parzialmente idrogenati, senza olio di palma, senza farina, senza zucchero, biscotti senza biscotto quello che a Napoli chiamano pacco, doppio pacco e controfagotto.

Quest'anno dovevo organizzare la cena del mio reparto per fare gli auguri di Natale, 30 persone tutti hanno richiesto ricette senza: senza sedano, senza cipolla, senza aglio, senza olio, senza burro, senza farina, senza kiwi, senza mango, senza carota, senza prezzemolo, senza rosmarino, senza pasta, senza carne, senza pesce, senza frutta, senza verdura.

Dopo avere cambiato il menù più volte, mi sono detto li porto in pizzeria, e se non vi piace neanche la pizza ordinate qualcos'altro, anzi se continuate a rompere vi porto da Mcdonalds e vi faccio anche gonfiare i palloncini.

Ma la bastardata più bella sarebbe se li porto a casa mia, fa da mangiare mia suocera, che è di Ginevra, sa fare solo tre cose in cucina, la zuppa di cipolle, la salsiccia di barbabietole e patate (più vegano di cosi) e la fonduta di formaggio con la grappa, vi sfido al alzarvi da tavola sobri, lì per lì sembra niente, ma racconterete tutto senza che nessuno vi abbia chiesto nulla.

(NB mia suocera dice che lei beve solo champagne, perchè l'acqua le rimane sullo stomaco, non la digerisce)

Va bene il rispetto dei gusti, il rispetto dello stile di vita personale ma cercate un po di venire incontro anche a qualche massaia disperata che cerca solo d'organizzare un Pranzo di Natale.


Se si sceglie un alimentazione vegana e vegetariana tutto il rispetto, sono scelte anche molto interessanti ma perchè mangiare la brioche vegana, il salume, vegano, essere vegani è un altro stile di vita, altri ingredienti che non nemmeno paragonabile ai tradizionali, è questa la loro ricchezza dell' alimentazione.

Sui panettoni oggi veramente a livello d'ingredienti c'è di tutto e di più come parmigiano con menta e rosmarino, panettone alla melanzana e bacche di goji, panettone alla mostarda, mandorla e fava tonka, panettone allo zenzero, curcuma ed amarena, dei gusti che lasciatemi dire sono decisamente discutibili. 

Ma non mettiamo limiti alla creatività dei pasticceri, per amore del cielo ma alcune ricette forse richiederebbero un minimo in più d'attenzione per il senso del gusto, andare fuori dalla tradizione perché no ma con il rispetto del buon gusto.


lunedì 12 dicembre 2016

Pubblicità Ferrero per Natale 2016, cosi cosi

Graziella C, Roma : Hai visto i nuovi spot di Ferrero? Cosa ne pensi?
Antonio D. Cagliari Ho visto che spesso recensisce le pubblicità alimentari, come le sembra quello dei Ferrero Rocher e della qualità di Ferrero ?

Ringrazio i lettori per avermi segnalato i nuovi spot della Ferrero, cosa ne penso?

In questo periodo prima del Natale i nostri amici di Ferrero, si stanno dando un gran da fare a livello di comunicazione, d'altronde se non li vedi adesso i Ferrero Rocher, quando conti di venderli? A Ferragosto?

Per i prodotti dolci il periodo Natalizio è il periodo di punta di tutto l'anno, così tanta comunicazione ha lo scopo di spingere le vendite nel modo migliore possibile.

Io su vostra segnalazione ho visto  le due comunicazioni, uno sui Ferrero Rocher, l'altro più istituzionale su un "certa" qualità. In Tv ci sono però più spot su tutti i prodotti Ferrero dal Kinder alla Fiesta, praticamente per la pubblicità dovremmo fare incetta solo di snacks Ferrero per Natale!


Pubblicità Ferrero Rocher

Il primo spot, che vede protagonista i Ferrero Rocher, vuole associare la creazione del prodotto all'arte italiana, "assapora la bellezza" non mi ha molto convinto.

Nello spot su Firenze si vede che il creativo del Ferrero Rocher si è ispirato nella creazione del prodotto osservando le statue maschili classiche.

Che cosa avrà mai ispirato di piccole e di tonde i Ferrero Rocher quelle statue?  Mah!

C' è sempre qualcosa di troppo nello spot, come l''immagine della Pasticceria Ferrero stile anni '50 che io sappia non è mai esistita, il prodotto lo si vende al supermercato, però al prezzo di una pralina al cioccolato e nocciola di una pasticceria artigianale.

I Ferrero Rocher sono un prodotto ideato negli anni '80, sarebbe stato più pertinente inserirlo nella propulsione creativa dell'arte di quel periodo ( Andy Wharhol , Keith Haring) , piuttosto che ambientarlo tra l'arte del Rinascimento dove non c'era nemmeno il cioccolato.

Poi comprendo che si aperta un' opportunità da sfruttare dal punto di vista della comunicazione, la serie televisiva dei Medici, il film la La Grande Bellezza di Sorrentino, ma come dire ... cosa c'entra con i Ferrero Rocher?

La qualità prima di tutto nei prodotti snack

Parlare di "qualità" è un concetto difficile, l''attenzione dei consumatori o meglio di quei consumatori che se lo possono permettere, è più rivolta alla qualità dei prodotti che si consumano tutti i giorni come frutta e verdura, carne, pesce, parlare di qualità di uno snack è un po' un controsenso, perchè ci si dovrebbe preoccupare della qualità di uno snack che si dovrebbe mangiare solo ogni tanto?


Il concetto di qualità del produttore e del consumatore non è uguale

Il concetto di qualità può essere diverso da quello che intende un azienda a quello che intende il consumatore. Il produttore pone attenzione alla lavorazione, al costo della materia prima, il consumatore guarda l'aspetto nutrizionale, la presenza d'additivi, il rapporto costo / beneficio. Dal mio punto di vista non è importante quello che Ferrero ritiene che sia qualità ma quello che pensa sia di qualità il consumatore.

Lo spot incentrato sull'olio di palma e non sui prodotti

Lo spot mandato in onda ricorda lo spot che venne fatto da un azienda dopo lo scandalo della carne di cavallo, mi ricorda " il ragù come la fai tu ma un po' più grande".

Lo spot non è felice perché sembra che ricalca contesti già visti, quell'immagine dei lavoratori, sembra messa li per dire se non mi compri il mio prodotto mi trasferisco in Russia e li licenzio!

È come se Barilla nei spot del Mulino Bianco invece che fare vedere Banderas che prepara i biscotti, mette Antonio Banderas a mungere le mucche oppure ancora meglio Antonio Banderas in un campo di barbabietole, tu pensi che sia andato in camporella, invece va avanti e indietro a grattugiare barbabietole per fare lo zucchero.

Mulino Bianco fa i biscotti non le barbabietole per lo zucchero, per questo fanno vedere Banderas che impasta i biscotti, capite amici di Ferrero perchè non ci siamo?

Nello spot sembra che producano olio di palma e non crema al cacao e nocciole, campi estesi di coltivazione di palma, fa venire più il dubbio che hanno delle piantagioni d'olio di palma e quindi devono sostenere non il prodotto ma l'ingrediente altrimenti gli va a male l' investimento. Non sarà sicuramente cosi ma è quello che mi viene in mente guardando lo spot!


Nella tradizione della Dieta Mediterranea, l'olio di palma?

Esiste una contraddizione di fondo che rischia di generare parecchia confusione negli ascoltatori, italianità è anche dieta Mediterranea, Ferrero ha più volte implicitamente fatto presente che mangiare a colazione la crema al cacao e nocciole è tradizione della cultura della dieta mediterranea ma allora cosa c'entra olio di palma nella dieta mediterranea?

A questo punto perché no anche l'ananas e il mango, è chiaro che viviamo in un mondo globalizzato, anche il cacao non fa parte della cultura mediterranea, però se in uno spot insisti sulla cultura tradizionale che t'ispiri alla storia del tuo paese, in un altro non puoi fare vedere che t'ispiri al sud est asiatico, poi io capisco che bisogna dare un colpo a un cerchio e uno alla botte.

La scelta di prodotti con olio di palma e senza olio di palma

Personalmente sono contento che c'è una maggiore disponibilità di prodotti senza olio di palma, lo avevano messo dappertutto finalmente ora posso scegliere tra prodotti con olio di palma oppure senza olio di palma, trovo che sia una cosa importante, dare la possibilità di scelta.

Personalmente non mi piace l'olio di palma, abbiamo una cultura del mediterraneo ricca d'ingredienti non abbiamo alcun bisogno d'aggiungere dell'olio di palma come ci viene fatto credere.

Come non piace tutta questa comunicazione promossa a più livelli da Ferrero sui benefici dell'Olio di Palma, dai link sponsorizzati ai pubbli redazionali a pagamento, (non bastavano gli articoli simpatizzanti ?) sembra d'essere al Circo con giocolieri, illusionisti e clown, si vede il peggio del peggio, sembrano i spot delle tisane per dimagrire!

Invece che raccontarci di quanto a noi fa bene olio di palma, raccontateci di quanto fa bene a voi!

Non comprendo perchè si vuole mandare un messaggio così sotto le feste? Quando il livello d'attenzione in genere è più basso!

Con tutte le cose che devo preparare per Natale a casa, riunire la famiglia, le recite dell'asilo, le recite a scuola, i regali da comprare e impacchettare, fare la spesa, governane le bisnonne, gestirmi le famiglie dei fidanzati delle mie figlie, preparare i pranzi e le cene, non c'è mica solo quella di Natale, vestirmi da Babbo Natale.

Quant' attenzione volete che una persona normale dedichi all'olio di palma! Non avete in Ferrero altro da fare sotto le feste?


Senza olio di palma una leva di marketing che fa vendere di più

Alla confusione io preferisco analizzare i consumi, che esprimono meglio la situazione in cui si trova Ferrero, in cui la Nutella è sempre più spesso in offerta (-29%), negli anni passati no lo è mai stata, che succede? Io ho provato delle creme alla cacao e cioccolato senza olio di palma molto buone  Prima se andavi al supermercato c'era la Nutella e basta , ieri sono andato in un supermercato c'erano dieci tipi di creme al cacao e nocciola e solo una con olio di palma.

Io non posso e non voglio insegnare niente a nessuno però questi mettersi in contrapposizione con i consumatori o meglio solo una parte, non penso che sia un atteggiamento positivo, indipendentemente dal torto o dalla ragione.

Sono arrivate sul mercato aziende molto più furbe hanno saputo intercettare la domanda del mercato, aziende che grazie allo spot "senza olio di palma" hanno tratto un profitto in modo molto semplice e diretto, tutto profitto sottratto a Ferrero è bene dirlo.

All'inizio sembra un non nulla farsi erodere piccole quote di mercato dai concorrenti quando sei leader del mercato, ma poi con il tempo che passa rischia sempre di più d'allargarsi a macchia d'olio fino a diventare un problema anche d'aziende solide.

Sintesi

Cosa ne penso? Dal mio punto di vista è importante che tipo di messaggio arriva al consumatore se confuso o chiaro.

Tanti spot oltre i due citati, personalmente arriva alle mie orecchie un messaggio frastornato, siamo sotto le feste, ci sono altre cose da pensare, ci sono alcuni aspetti della comunicazione che proprio non riesco a comprendere e nemmeno a condividere.

Da una parte si vuole rinforzare l'italianità poi da un' altra parte Ferrero International Sa ha sede in Lussemburgo e ha stabilimenti in tutto il mondo come Francia, Russia, Argentina, Australia, Brasile, Ecuador, Porto Rico, Canada e Stati Uniti. Tutti i prodotti venduti in Italia sono fatti in Italia precisano, noi ci crediamo, ma perché quelli venduti all'estero no?

Quello che io mi domando perché non lo so, se faccio un Biscotto di Novara in Portogallo posso dire che è un prodotto italiano? Se io faccio un Torrone a Rio de Janeiro, posso dire che è un prodotto italiano?

Sei una multinazionale e fai comunicazione come un'azienda locale puntando sul territorio e sulla tradizione? Penso che a livello di comunicazione dovrebbe dimostrare d'avere fatto un salto di qualità.

Posso dire che sotto le feste avrei puntato su altri argomenti più facilmente condivisibili, rispetto alla qualità dell'olio di Palma e l'assaporare della bellezza.